Rewind (1998): Prima di Matrix

Fantascienza Trash Italiana con Raoul Bova e Zingaretti

Rewind film

Nel vasto catalogo di Amazon Prime Video si celano numerosi film di dubbia qualità, e Rewind (1998) ne è un esempio emblematico. Diretto da Sergio Gobbi, noto anche come Elie Blorovich, il film rappresenta un tentativo poco riuscito di coniugare thriller e fantascienza. Nonostante la presenza di attori rinomati come Raoul Bova e Luca Zingaretti, la pellicola è stata rapidamente ritirata dalle sale cinematografiche dopo appena una settimana di programmazione, su internet non sono riuscito a trovare nulla riguardo gli incassi del film.

Se già questo bastasse a incuriosirvi, aspettate di vedere il poster: brutto a livelli iconici, per rendere tutto ancora più paradossale, Rewind uscì nello stesso anno di uno dei capolavori della fantascienza moderna: Dark City di Alex Proyas. Mentre Proyas creava un film visionario, cupo e filosofico, con atmosfere noir e riflessioni sull’identità e la realtà, Gobbi portava in sala un prodotto che sembrava uscito da una VHS pirata degli anni Ottanta.

Un Viaggio dentro la memoria virtuale

Il film racconta la storia di Paul Mansart (Raoul Bova), terrorista imprigionato in un carcere di massima sicurezza, che viene estratto dalla sua cella per partecipare a un esperimento segreto in realtà virtuale. L’obiettivo? Frugare nei suoi ricordi per trovare l’identità di un pericoloso criminale. Il centro in cui avviene l’esperimento è un bunker sotterraneo gestito da una squadra di esperti in giacche larghe e occhiali anni ’90: psicologi, informatici e un tecnico che parla con il suo computer come fosse HAL 9000, ma con meno carisma.

All’interno del laboratorio spunta anche il commissario Joseph Valko (Luca Zingaretti), che in teoria dovrebbe dirigere l’operazione, ma nella pratica gira per i corridoi con lo sguardo fisso nel vuoto, quasi consapevole del fatto che il film lo dimenticherà presto.

Colpi di scena? Certo! Terroristi che attaccano il laboratorio, un virus informatico che minaccia tutto il sistema, e la risoluzione geniale tramite un “antivirus” che sembra uscito da un floppy disk del ’95. Ah, e non dimentichiamo il Game Gear regalato al figlio di una psicologa con la frase mitica: “Super Mario non ha mai fatto male a nessuno… SUPER MARIO!”

Sergio Gobbi : un regista noir

Sergio Gobbi, italo-francese, è noto per una carriera longeva ma un po’ ai margini, fatta di thriller, drammi sentimentali e film polizieschi anni ’70 e ’80. In Francia, ha costruito una reputazione solida ma di nicchia. Rewind rappresenta la sua incursione nel genere fantascientifico e, purtroppo, anche il suo fallimento più clamoroso. Conosciuto con lo pseudonimo Elie Blorovich, Gobbi decide nel 1998, forse affascinato dall’onda cyberpunk che travolge Hollywood, di fare la sua “opera tecnologica”.

La realtà virtuale secondo Gobbi: neon e triangoli 3D

L’aspetto più “fantascientifico” del film è la simulazione virtuale in cui Paul si immerge. E qui Rewind tocca il fondo: un casco nero con un neon blu acceso sopra è tutto ciò che serve per entrare nella mente del protagonista. Gli effetti visivi sono talmente rudimentali da sembrare realizzati con un software freeware degli anni ‘90: triangoli fluttuanti, testo verde in sovrimpressione, fondali astratti degni di un episodio di Neon Genesis Evangelion, ma senza trama né pathos.

Nella realtà virtuale, Bova si muove lento, come se anche il framerate fosse stanco. Le sequenze sono inutilmente lunghe, con una CGI così scadente che riesce nell’impresa di distrarre e far ridere anziché coinvolgere.

Tastiere MIDI e incubi sonori

Una delle vere tragedie artistiche del film è la colonna sonora. Interamente composta con una tastiera MIDI (e si sente!), la musica accompagna ogni scena con toni robotici, rumori elettronici vagamente ambient e giri armonici che fanno rimpiangere persino i suoni di Windows 95.

Le musiche non aggiungono tensione, non sottolineano emozioni. Sembrano semplicemente… lì, buttate a caso.

Rewind non è solo un brutto film. È un’esperienza che lascia spiazzati, un mix di ambizione e goffaggine, una pellicola che cerca di parlare di tecnologia, realtà virtuale e mente umana senza conoscere davvero nessuno di questi argomenti.

Rewind film
Cult trash da riscoprire
Sceneggiatura confusa e personaggi deboli
Non regge il confronto con altri film simili
Colonna sonora MIDI da incubo
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