Diary of the Dead è il quinto capitolo della saga zombie del compianto George A. Romero. Sì, proprio lui, il papà di tutti i morti viventi cinematografici, che questa volta decide di regalarci un’apocalisse zombie vista… da dietro una videocamera traballante. Perché, si sa, se il mondo sta finendo, l’importante è filmare tutto.
Diary of the Dead in protagonisti non sono militari armati fino ai denti o famiglie chiuse nei centri commerciali, ma un gruppo di studenti di cinema. Gente abituata a discutere di luci, inquadrature e significati nascosti… che però non sembra aver mai seguito un corso base di “sopravvivenza durante un’apocalisse non morta”.
Un found footage… zombificato
La trama parte in modo apparentemente innocuo: gli studenti stanno girando un horror amatoriale nel bosco, probabilmente con più entusiasmo che talento, quando scoprono che i morti, invece di starsene buoni nelle loro bare, hanno deciso di tornare a farsi una passeggiata. Da lì, parte il caos.

Ma attenzione: Romero, come sempre, non si limita a mostrarci zombi e urla. No, stavolta vuole anche farci riflettere. (E farci venire il mal di mare con la telecamera a mano.) Il film è costruito come un montaggio di riprese “reali”, girate da uno dei protagonisti che decide, con discutibile priorità, di documentare l’apocalisse invece di fuggire da essa. Perché? Perché – udite udite – i media manipolano la verità. E qualcuno dovrà pur dire la “verità vera”. Spoiler: anche quella può far danni.
Fake news, social media e cervelli mangiati
Uno dei temi principali del film è, infatti, l’informazione manipolata: da una parte ci sono i media ufficiali, che edulcorano e filtrano i fatti (niente di nuovo), e dall’altra c’è il “giornalismo dal basso”, fatto da cittadini comuni con smartphone e telecamere… che molto spesso diffondono fandonie peggiori. (Ti vedo, cugino che posta video di zombie su Facebook convinto che sia un complotto del governo.)

Romero ci lancia così una critica velenosa e attualissima: nel caos informativo, a chi credere? A chi urla più forte o a chi sa montare meglio i video?
Un film simile
Nel 2006, prima dell’uscita ufficiale di Diary of the Dead, esce nei cinema inglesi un altro found footage zombie chiamato Zombie Diaries, diretto da Michael G. Bartlett., nel 2010 arriva pure il sequel: World of the Dead: The Zombie Diaries 2, che sembra quasi un omaggio non dichiarato a Romero, con scene come l’assalto zombie a una villa borghese, girate con quella tipica estetica da “sto correndo, ma tengo la videocamera accesa perché l’arte prima di tutto”.

Romero, anche con la GoPro, resta Romero
Diary of the Dead non è il miglior Romero, ma è sicuramente il più consapevole dei tempi. È un horror che parla (e critica) il nostro bisogno compulsivo di documentare tutto, anche la fine del mondo. A volte dimentica di spaventare davvero, preso com’è dalla voglia di mandarci messaggi sociopolitici, ma resta un esperimento interessante, soprattutto per chi ama il genere e ha un debole per i film girati “dal vivo” con più pixel di grana che di qualità.