Il gobbo di Notre Dame 2: Il declino della magia

Il catalogo del servizio streaming Disney+ è una miniera d’oro per ogni amante dell’animazione. I grandi classici della Disney brillano ancora oggi per la qualità delle storie, dei disegni, delle musiche e dei personaggi memorabili. Tuttavia, nascosta tra le meraviglie dell’animazione c’è una sezione che molti evitano con cura, come se fosse maledetta: quella dei sequel diretti al mercato home video. Veri e propri fantasmi dell’epoca d’oro dell’animazione, questi film sono spesso prodotti a basso costo, con animazioni scadenti, trame forzate e un senso generale di inutilità che lascia l’amaro in bocca.

Uno dei casi più eclatanti è “Il Gobbo di Notre Dame 2”, sequel del film del 1996 che, pur prendendosi molte libertà rispetto all’opera di Victor Hugo, rimane uno dei lungometraggi Disney più maturi, cupi e ambiziosi. La sua estetica gotica, le tematiche adulte e la colonna sonora maestosa avevano reso il primo film una perla sottovalutata. Ma il secondo capitolo? Una delusione colossale.

Disney low cost

Dopo il successo mondiale dei classici Disney degli anni ’90 – tra cui Il Re Leone, Aladdin, La Bella e la Bestia, Mulan e naturalmente Il Gobbo di Notre Dame , la Disney si rese conto che esisteva un’enorme fetta di mercato nel settore dell’home video (VHS, poi DVD). Le famiglie, affezionate ai personaggi dei film originali, avrebbero sicuramente acquistato qualunque nuovo contenuto che li riguardasse.

Fu così che nacque DisneyToon Studios, un ramo produttivo dell’azienda creato appositamente per realizzare sequel, prequel e spin-off dei film più amati, da distribuire direttamente in videocassetta o DVD.

Questi film non venivano prodotti dai prestigiosi Walt Disney Animation Studios di Burbank, ma da studi satellite, con budget ridotti, tempi di lavorazione molto stretti e personale meno esperto, quindi per questo motivo uscivano film di dubbia qualità.

Una produzione internazionale (ma non nel senso positivo)

Il Gobbo di Notre Dame 2, uscito nel 2002, venne affidato a DisneyToon Studios Japan, una divisione esterna che si occupava di produrre film animati per conto della Disney. A differenza dei capolavori originali realizzati con un team artistico di punta, questo sequel fu animato da un team secondario con risorse tecniche limitate.

La produzione del Il gobbo di Notre Dame 2 avvenne in gran parte in Giappone, con una supervisione minima da parte del quartier generale americano. Questo tipo di outsourcing permetteva alla Disney di abbattere i costi, ma spesso anche a scapito della qualità. Gli animatori giapponesi, pur essendo capaci, erano costretti a seguire modelli già semplificati, e con un margine creativo molto ristretto. Il risultato è una animazione piatta, con colori vivaci e infantili che nulla hanno a che vedere con le tinte gotiche e drammatiche del film originale.

Il budget esatto di Il Gobbo di Notre Dame 2 non è mai stato reso pubblico ufficialmente, ma si stima che sia stato decisamente inferiore rispetto ai circa 100 milioni di dollari del film originale. Probabilmente parliamo di un decimo o meno di quel costo, come era prassi per i sequel Disney direct-to-video.

Anche i tempi di produzione erano molto più stretti. Mentre un classico Disney poteva impiegare fino a cinque anni di sviluppo, questi sequel venivano completati in circa un anno o meno, spesso lavorando in parallelo a più progetti.

Un’uscita silenziosa

Il film fu rilasciato direttamente in VHS e DVD nel 2002. In Italia arrivò con una distribuzione limitata e praticamente nessuna campagna promozionale. La critica lo ignorò quasi completamente, e i fan del primo film lo bocciarono all’istante.

Che ti hanno fatto Quasimodo?

La prima cosa che salta all’occhio è il crollo qualitativo dell’animazione. Le ambientazioni perdono completamente il fascino medievale che rendeva unica l’atmosfera del primo film. Dove prima si trovavano architetture gotiche, pietre consunte dal tempo e ombre affascinanti, ora ci sono case stilizzate come in un cartone animato economico, con prospettive distorte e colori pastello che sembrano presi da un episodio dei Teletubbies. Il paragone con la famigerata Dingo Pictures non è affatto esagerato. Lo stile è piatto, i movimenti dei personaggi rigidi, e le espressioni facciali sembrano incapaci di trasmettere qualsiasi tipo di emozione.

Adieu inferno

Se l’occhio viene subito colpito dalla povertà visiva, il cervello viene rapidamente messo a dura prova da una trama superficiale e poco coinvolgente. Siamo in una Parigi in festa per il giorno dell’amore, e durante i festeggiamenti arriva un circo itinerante. Quasimodo si innamora di una giovane artista circense, Madellaine, che però lavora per un truffatore di nome Sarousch (una versione da discount di un cattivo Disney generico), il quale ha come unico obiettivo rubare La Marie, la campana più preziosa della cattedrale di Notre Dame.

Il problema di fondo è che la storia non emoziona, non coinvolge e soprattutto non aggiunge nulla di rilevante all’universo creato dal primo film. Il dramma interiore di Quasimodo viene ridotto a una storiella romantica da cartolina, mentre i personaggi secondari – che nel primo film avevano momenti di vero spessore – qui sono solo delle macchiette comiche. Anche Esmeralda e Febo, ora sposati e con un figlio, vengono relegati a ruoli marginali e stereotipati, quasi come se fossero stati inseriti solo per obbligo contrattuale.

Inoltre, la dinamica “la ragazza è costretta a ingannare il protagonista, poi se ne pente e si redime” è vecchia come il mondo e gestita in modo scontato, senza mai generare reale tensione o sorpresa. Il cattivo, Sarousch, è tra i peggiori mai comparsi in un film Disney: un incrocio tra un illusionista fallito e un ladro da fiera paesana, privo di carisma, minaccia o anche solo una battuta memorabile.

Il sequel non menziona quasi mai gli eventi del primo film. Nessuno sembra ricordare Frollo o ciò che è accaduto, nonostante abbia causato un disastro gigantesco, tipo un mega incendio.

Le canzoni anonime del gobbo di Notre Dame 2

Una delle componenti più amate dei film Disney è la musica. Le canzoni del primo “Gobbo di Notre Dame” sono state firmate da Alan Menken e Stephen Schwartz, con brani come Luci del paradiso / Fiamme dell’inferno che ancora oggi risuonano per la loro intensità. Ma nel sequel tutto questo viene completamente buttato via.

Quindi diamo il benvenuto a Miracoli comuni e altri canzoni oscene

Le nuove canzoni sono anonime, ripetitive e fastidiose. Non solo mancano di qualsiasi spunto melodico interessante, ma sembrano anche cantate controvoglia. Le versioni italiane e inglesi sono equivalenti in termini di mediocrità: strofe forzate, cori improbabili, e testi che sembrano scritti con un generatore casuale di rime.

Anziché valorizzare i momenti salienti della trama o approfondire i sentimenti dei personaggi, le canzoni sembrano inserite solo per allungare il minutaggio. In alcune scene, interrompono il già fragile flusso narrativo, diventando un peso più che un valore aggiunto.

L’ abisso dei sequel Disney

“Il Gobbo di Notre Dame 2” rappresenta una delle peggiori cadute di stile nella storia dell’animazione Disney. È l’emblema di una fase della compagnia in cui la quantità veniva preferita alla qualità, e in cui il valore commerciale contava più del valore artistico.