Se ti sei mai chiesto come rovinare un film con una storia potenzialmente interessante, allora guarda Doomsday (2008), diretto da Neil Marshall. Sì, proprio lui: il regista del claustrofobico The Descent – Discesa nelle tenebre, del mediocre Centurion, e di un paio di episodi di Game of Thrones — dopo i quali, secondo alcune voci di corridoio, sarebbe stato gentilmente accompagnato alla porta.

Nel cast troviamo nomi altisonanti come Malcolm McDowell e Bob Hoskins, affiancati da una schiera di altri personaggi che, diciamolo chiaramente, non fanno assolutamente nulla di rilevante per tutto il film, budget di produzione stimato tra i 30 e i 33 milioni di dollari, il film ha incassato appena 11 milioni di dollari negli Stati Uniti e circa 11,5 milioni nel resto del mondo, per un totale globale di circa 22,5 milioni di dollari. Doomsday è uscito purtroppo al cinema, causando frustrazione di massa per aver buttato soldi direttamente al cesso.
Trama: da distopia virale a carnevale trash
La premessa di Doomsday non è male : un virus letale chiamato Reaper devasta la popolazione della Scozia. Per contenere il contagio, il governo costruisce un muro gigantesco e mina i mari, trasformando la Scozia in una zona completamente isolata, stile Escape from New York ma con meno cervello.
We don’t need another hero
Trent’anni dopo, nuovi focolai di Reaper si manifestano a Londra. Il governo, nel panico, organizza una missione speciale: un team di soldati “altamente qualificati” (citazione ironica d’obbligo) viene inviato oltre il muro per trovare una possibile cura, dato che si vocifera che alcune persone in Scozia siano sopravvissute. Il gruppo penetra nel territorio abbandonato e trova un laboratorio apparentemente abbandonato. Ma niente cura. In compenso, trovano un’orda di teppisti post-apocalittici, un mix tra Mad Max e una sfilata punk andata storta, che attacca brutalmente la squadra.
Cavalieri medievali e coincidenze ridicole
La protagonista Eden Sinclair (interpretata da Rhona Mitra, palesemente costruita come una versione low-budget di Ellen Ripley o Snake Plissken) viene catturata ma riesce a fuggire.

Durante la fuga incontra la sorella del capo dei punk, e indovina un po’? Sono entrambe figlie dello scienziato che il governo stava cercando: Malcolm McDowell. Ma che coincidenza incredibile, vero? A questo punto il film deraglia completamente. Sinclair e compagnia arrivano a un castello medievale dove lo scienziato vive come un re feudale, circondato da cavalieri in armatura completa e sudditi in costume d’epoca. Sì, hai letto bene. Siamo passati da un film apocalittico con virus a una fiera medioevale con spadaccini. Lo scienziato decide di imprigionare la protagonista e costringerla a combattere contro un cavaliere. Dopo dieci minuti di duello assurdo, Eden gli taglia la testa e fugge con il resto del gruppo.
Il grande nulla della “cura” e il finale più inutile della storia
A questo punto Doomsday deraglia completamente. Sinclair e compagnia arrivano a un castello medievale dove lo scienziato vive come un re feudale, circondato da cavalieri in armatura completa e sudditi in costume d’epoca.
Siamo passati da un film apocalittico con virus a una fiera medioevale con spadaccini. E non finisce qui: quando finalmente la protagonista riesce a fuggire, trova una Bentley parcheggiata lì come se fosse normale trovarne una nel bel mezzo di un mondo post-apocalittico. Una scena così insensata che puzza di pubblicità occulta lontano un chilometro. Marchio ben in vista, inquadratura patinata, auto lucida e perfetta nonostante decenni di abbandono: mancava solo lo slogan “Bentley: anche durante l’apocalisse, guida con stile“.

Nemmeno la sceneggiatura sopravvive
Le scene d’azione in Doomsday sono un altro punto dolente. All’apparenza dovrebbero essere il cuore pulsante del film, ma finiscono per essere solo una rissa visiva confusa, piena di tagli di montaggio epilettici, sangue gratuito e urla isteriche. Non c’è tensione, non c’è strategia, solo gente che corre, urla, esplode o si prende a sprangate in uno scenario che cambia stile ogni venti minuti, tutto questo finisce per annoiare.

C’è lo scontro nella fortezza punk, dove tra l’altro parte un rave cannibale a base di carne umana grigliata, con tanto di tamarra impennata in slow motion. Poi abbiamo il duello medievale che pare uscito da un episodio malriuscito di Xena – Principessa Guerriera e l’inseguimento in stile Fast & Furious con la Bentley, condito da esplosioni ridicole, acrobazie implausibili e un montaggio che sembra fatto con un frullatore.
Pasticcio appocalittico
Doomsday è l’esempio perfetto di come prendere un’idea interessante e distruggerla a colpi di cliché, incoerenze e scene d’azione senza senso. Neil Marshall tenta disperatamente di creare un cult mescolando Mad Max, I Guerrieri della Notte, 28 Giorni Dopo, Il Signore degli Anelli e magari pure qualche videoclip dei Prodigy, ma quello che ottiene è una zuppa visiva confusa e indigesta, piena di salti di tono e personaggi inutili.

La protagonista Eden Sinclair prova a essere una nuova icona action, ma viene schiacciata da una sceneggiatura che non sa dove andare: virus, castelli medievali, punk cannibali, inseguimenti in Bentley (con pubblicità occulta), e un finale che nega tutto ciò che è successo prima.
